La decisione di Boris Johnson di approvare una legge che, di fatto, neutralizza l’intesa da lui stesso firmata con l’Unione europea l’anno scorso è una mossa “azzardata. Oltre a rendere concreto il rischio di una Brexit a fine anno senza accordo, stabilisce un precedente che destabilizza le fondamenta dei rapporti tra le nazioni a livello globale.
E’ un altro passo verso lo spettro del “no deal”. Questo permetterebbe a Londra, libera dall’Unione Europea, di gestire liberamente i traffici commerciali internazionali, ad esempio con l’Irlanda del Nord. Tutto in violazione agli accordi ormai consolidati da anni.
Gli europei attendono ora i prossimi sviluppi del dibattito londinese. Minacciano persino di ricorrere alle vie legali se Johnson non ritirerà il provvedimento entro il mese.
Johnson e la sua “sfida” all’Europa
Ma è palese che Johnson mira a piegare gli europei sui punti ancora aperti del negoziato. Vuole tirare la corda fino all’ultimo momento utile, probabilmente il Consiglio di ottobre.
Pur di permettere alle aziende britanniche di operare libere dalle regole europee, pur di recuperare quei consensi ridotti ai minimi termini dopo la pessima gestione della pandemia da Covid, Johnson tenta di arrivare al “no deal”. Ovviamente senza considerare le potenziali implicazioni negative sugli equilibri del commercio internazionale.
Non servono i ragionamenti di chi si dice preoccupato per la reputazione del Regno Unito: da patria del rispetto dello stato di diritto, a nazione che non rispetta gli accordi internazionali. Istituzioni come l’Unione Europea fanno fatica ad adeguarsi in un mondo in cui viene permesso a politici come Johnson o Trump di imporre le loro decisioni politiche ed economiche. Sempre in “barba” ad una visione più ampia che tenga conto degli interessi di tutte le nazioni democratiche e non solo di poche o di una.