Larga e netta. Può essere descritta in questo modo la vittoria del Sì al referendum confermativo per il taglio dei parlamentari. Il sentimento di sfiducia nei confronti dei politici e delle Aule del Parlamento, che aleggia da tempo nella popolazione, ha trovato ampio riscontro nel voto di domenica 20 e lunedì 21 settembre.
Il Sì ha sfiorato il 70%, mentre il No si è fermato poco sopra il 30%. Risultato fin troppo chiaro, che fa esultare il Movimento 5 Stelle (battaglia storica dei grillini, ndr) e soddisfa anche il Partito Democratico, non tanto per il taglio dei parlamentari ma per un esito che garantisce la tenuta del governo giallorosso.
Ma cosa cambia con il Sì, oltre ovviamente alla riduzione del numero dei parlamentari? Quanto si risparmia realmente con questa manovra? Nelle scorse settimane si è dibattuto molto su questo aspetto, dato che il M5S ha messo sempre come priorità la necessità di ridurre i costi legati alla politica.
Il taglio dei parlamentari fa risparmiare quel famoso “caffè” a testa
Una posizione che è stata però contrastata dai sostenitori del No, convinti che il risparmio generato dalla riduzione dei parlamentari sia davvero irrisorio.
In effetti, come spiega il Corriere della Sera nell’edizione odierna, il risparmio annuo è di circa 53 milioni alla Camera e di 29 milioni al Senato. Tuttavia, dato che una parte dei compensi torna sempre allo Stato sotto forma di tasse, il risparmio netto sarebbe inferiore: 37 milioni per la Camera e 27 milioni per il Senato. In tutto 64 milioni di euro, anche meno di quel famoso “caffè” a testa per ogni cittadino italiano.
Oltre che a livello economico, il taglio dei parlamentari lascia diversi dubbi anche in termini di rappresentanza. Se prima veniva garantito un deputato ogni 96.000 abitanti, con il Sì ce ne sarebbe uno ogni 151.000. Stesso discorso per il Senato: il taglio comporta infatti un senatore ogni 302.000 abitanti.